Il veganismo, la definizione e le motivazioni:

In generale è “vegano” colui il quale sceglie uno stile di vita che non interferisce, direttamente o indirettamente, in maniera negativa sulla vita di qualunque essere vivente appartenente al regno animale. Di conseguenza, la dieta vegana si configura come l’applicazione di questa scelta nell’ambito alimentare. Prendiamo la definizione data dalla stessa Vegan Society:

Il veganismo è uno stile di vita che rifiuta ogni forma di sfruttamento e crudeltà verso gli animali e promuove il rispetto alla vita. Da un punto di vista dietetico incoraggia il consumo di prodotti vegetali ed esclude carne, pesce, volatili, uova, miele, latte e derivati, indicando alternative agli oggetti di uso quotidiano prodotti, in tutto o in parte, dagli animali.

Come è facilmente intuibile, il veganismo si configura come una scelta etico-esistenziale che va ben oltre le sue applicazioni alimentari: il vegano, insomma, oltre ad escludere dalla sua dieta certi alimenti, rifiuta per lo stesso principio l’insieme di prodotti derivanti dallo sfruttamento di forme di vita del regno animale: così si può parlare del boicottaggio di farmaci, cosmetici, detergenti, abbigliamenti o arredamenti, ma anche del rifiuto di certe forme di intrattenimento e di folklore (spettacoli, sport, servizi, feste popolari) che implicano un’offesa, se così possiamo chiamarla, degli esseri viventi del regno animale.

Principalmente, certo, ciò avviene per un motivo etico: come ha sostenuto l’associazione Vegan Action, “gli animali non sono nostre proprietà di cui usufruire”. La scelta di uno stile di vita vegano, insomma, è dovuta alla considerazione dell’immoralità dello sfruttamento animale, in opposizione al rispetto che il vegano promuove. Ma altre motivazioni possono spingere sulla strada del veganismo.

C’è, ad esempio, la questione ambientale ed ecologica: gli allevamenti intensivi e il trasporto delle merci da macello comportano un’elevatissima immissione di anidride carbonica e gas serra nell’atmosfera già sporca del nostro pianeta.

Dev’essere però chiaro che questo non è un problema da ascrivere unicamente al settore della zootecnica o a quello dei trasporti: prendersela con chi gestisce un mattatoio è come dar contro allo schiavo che non si ribella al padrone: è ridicolo, perché si indirizza la rabbia verso un sottoprodotto naturale dello stato di cose.

La crescita della produzione zootecnica, responsabile in grande parte dell’inquinamento atmosferico, è determinata dall’aumento a livello globale dei consumi di carni. Basti considerare che nella seconda metà del 900 il consumo di carne è quintuplicato, passando da 45 milioni di tonnellate all’anno nel 1950 a 233 milioni nel 2000.

E si prevede che aumenti a dismisura, con la drastica riduzione della povertà a livello globale. Le imprese semplicemente vanno incontro alle scelte dei consumatori, aumentando l’allevamento e la produzione di carne. In questo senso una critica sensata sarebbe da rivolgere al mondo dei consumi, non a coloro che sottostanno alle direttive produttistiche di questo stesso mondo, i quali semplicemente rispondono coi prodotti alla domanda di carne dei consumatori.

Certo però è che una dieta vegana va incontro ad esigenze ambientali che, in qualche modo, bisogna affrontare. Un rapporto dell’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) ammette la gravità della situazione: secondo questo studio l’agricoltura e l’allevamento sono due delle attività umane a più alto impatto ambientale.

A conferma del rapporto, ne 2006 la FAO ha pubblicato il Livestock’s Long Shadow, un report scientifico in cui viene valutato l’impatto del settore zootecnico sui problemi ambientali. Nell’introduzione gli autori scrivono: «Il settore dell’allevamento emerge come una delle prime due o tre più significative cause dei più gravi problemi ambientali, a tutti i livelli da locale a globale. […] L’impatto è così rilevante che deve essere affrontato con urgenza

Di conseguenza si ritiene che la scelta vegana, soprattutto se indirizzata ad una critica dei consumi – e non direttamente al settore che alla domanda dei consumi risponde con la produzione (e con questa risposta si guadagna da mangiare e da vivere) – possa contrastare in maniera significativa il cambiamento climatico.

Un’altra forte motivazione che spinge sempre più persone a sostenere la causa vegana è la salute. Sembrerebbe infatti che una corretta ed equilibrata alimentazione vegetale comporti notevoli benefici per l’organismo, per esempio prevenendo l’apparizione di tumori – in particolar modo del colon-retto – e di malattie cardiovascolari. Inoltre, il costante apporto di fibre presente nella cucina vegana ha un effetto disintossicante per l’intestino; tenendo conto dell’elevata assunzione di vitamine e antiossidanti presenti in frutta e verdura, è chiaro che l’alimentazione vegana può migliorare la salute e contrastare l’invecchiamento di chi la pratica.

Dei benefici di una dieta generalmente vegetariana l’ADA (Academy of Nutrition and Dietetics) ha espresso un parere positivo, spiegando che “laddove ben pianificate, risultano appropriate per tutti gli stadi del ciclo vitale”. C’è però da dire che per quanto riguarda l’alimentazione rigorosamente vegana – e quindi più che vegetariana – la stessa ADA ha reso noto che, se la dieta non è ben bilanciata, si può incorrere in carenze di micronutrienti essenziali quali vitamina B12, vitamina D, calcio e zinco. Di conseguenza è sempre suggerito, a chi sostiene e partecipa dell’alimentazione vegana, l’assunzione periodica di integratori.

Nel dettaglio, il maggiore rischio riguarda la vitamina B12. Uno studio del 2013 che analizzava i dati di altri 18 studi scientifici ha evidenziato che la carenza di vitamina B12 tra i vegani è il problema più diffuso in ogni fascia di età, gruppo sociale e luogo di residenza. Essendo infatti gli animali l’unica fonte di vitamina B12, è chiaro che chi sceglie l’alimentazione vegana rischia il suo mancato apporto, un deficit che può comportare gravi conseguenze come l’anemia.

Anche per quanto riguarda il calcio, presente principalmente nel latte e nei suoi derivati, i vegani devono prestare particolare attenzione ricercando quei cibi vegetali particolarmente ricchi dell’elemento come semi di sesamo, broccoli, cavolo, spinaci, semi di lino, melassa.

In generale, insomma, per quanto riguarda la scelta vegana in nome della salute, è certamente vero che può portare benefici per l’organismo – e questo non implica la non-salutarietà di una dieta onnivera altrettanto bilanciata –; ma è chiaro che per raggiungere tali benefici è necessario rivolgersi a specialisti in grado di consigliare una dieta varia ed equilibrata, oltre che effettuare periodici controlli per escludere carenze nutrizionali.

Dieta vegana, in cucina:

Come abbiamo detto nell’alimentazione vegana così come in qualsiasi altra dieta, è fondamentale pensare alla qualità e alla varietà dei cibi che si assumono.

Affinchè una dieta vegana sia equilibrata serve l’apporto di macronutrienti – proteine, carboidrati, grassi – e micronutrienti – vitamine ed oligoelementi – nelle giuste proporzioni.

Per quanto riguarda le proteine, ricche nelle carni e nei formaggi esclusi dalla dieta vegana, possono essere percepite dai legumi, dal seitan – un prodotto vegetale composto da glutine di frumento – dalla soia e dai suoi derivati, come il tofu – un formaggio vegetale.

Ancora: una fonte eccellente di proteine sono i cereali integrali, anche quelli più sconosciuto come la quinoa, l’amaranto o il grano saraceno.

Più volte si consiglia, in una dieta vegana, l’assunzione di frutta secca o disidratata, il consumo di semi oleosi come il sesamo tritato, i pinoli, i semi di zucca e di canapa.

Infine, tra gli alimenti sempre presenti su uno scaffale della cucina vegana spiccano i supercibi, come le alghe, il lievito alimentare in scaglie, il germe di grano e i concentrati di verdura e di frutta ricavati da estrattori dedicati.

L’alimentazione vegana

Una ricerca della FAO, nel 2007, ha stimato a 56 miliardi gli animali uccisi per fini alimentari – e sono esclusi i pesci e altre specie marine di cui l’uomo si ciba.

Oltre alla motivazione strettamente etica, connessa alla immoralità dello sfruttamento animale, il veganismo, a detta di chi ne segue i principi, è una scelta ecologica e salutistica. Ma facciamo un salto indietro e cerchiamo di capire il veganismo un passo per volta.

ontro allo schiavo che non si ribella al padrone: è ridicolo, perché si indirizza la rabbia verso un sottoprodotto naturale dello stato di cose.

 

vegani famosiIl veganismo, la storia:

Il termine “veganismo” è stato coniato da Donald Watson, fondatore della Vegan Society, nel 1944. Il movimento vegetariano, a quei tempi, era già diffuso in alcune comunità – e d’altronde si può ben dire che di vegetariani ce ne sono sempre stati; fin dall’antichità religioni e filosofie hanno insegnato, giustificandolo, il rispetto della vita animale, precettando stili e diete in conseguenza.

Ora: la dieta vegetariana si distingueva fra le singole comunità nella scelta di particolari alimenti, ma quasi ovunque era concesso il consumo di latticini. Siamo appunto nel 1944, in USA, quando alcuni membri della Vegetarian Society iniziarono a gettare le basi di un attivismo contro l’impiego, nella dieta vegetariana, dei prodotti lattiero-caseari. Con questi presupposti venne fondata, nello stesso anno, la Vegan Society – oltre che da Donald Watson, anche da Elsie Shrigley.

Fu Watson a optare per il termine “vegan” – lo racconta in un’intervista nel 2004: «Invitai i miei primi lettori a suggerire un termine più conciso per sostituire non-dairy vegetarian (vegetariani non consumatori di latticini). Ho ricevuto alcuni suggerimenti piuttosto bizzarri, come dairyban, vitan, benevore, sanivore, beaumangeur, ecc. Optai per il termine vegan, contenente le prime tre e le ultime due lettere di vegetarian – l’inizio e la fine del vegetarianismo.»

Dal 1944 il veganismo, come movimento, si è allargato tanto che oggi i numeri parlano di un 2-3% di popolazione USA che segue regolarmente una dieta vegana.

In Italia le cifre scendono un po’ (1,1% della popolazione), ma a dire la verità sono in costante crescita. Per chiarire la composizione del movimento, però, va specificato che vegano non è soltanto colui il quale “mangia vegano”; il veganismo è uno stile di vita tout court e non solo nell’ambito alimentare si schiera promuovendo i suoi principi.

 

vegani vs carnivoriL’alimentazione vegana, un appunto:

A conclusione di questa breve guida che vuole essere un ricettacolo delle voci che corrono sul veganismo, non posso tirarmi indietro dal raccontare anche i bisbigli che aleggiano nell’anticamera del movimento.

Innanzitutto: il movimento vegano ha dei forti principi, legittimi e coraggiosi. Soprattutto, è difficile sostenere che i vegani facciano male a qualcuno. Tanto basta ad affermare che senza ombra di dubbio il movimento vegano ha il supporto di chiunque abbia a cuore la tolleranza e il rispetto degli altri.

Il problema sorge quando la persona vegana eleva il suo stile di vita al solo e unico consentito.

Ho sentito più volte vegani lamentarsi della dieta altrui, sostenendo di essere gli unici “nel giusto”. Ora: l’abbiamo già specificato: ogni dieta dev’essere correttamente bilanciata per non incorrere in questo o quel guaio.

La dieta americana, fatta di zuccheri e fast-food, è criticabile e a questa è preferibile una dieta equilibrata, altrimenti s’incorre nell’obesità dilagante; la dieta “carnivora”, quella che abusa di prodotti animali come la carne rossa, è criticabile laddove i consumi eccessivi implicano danni ambientali di grande portata – e pure a questa, quindi, è preferibile una dieta bilanciata.

Ma quando si tratta di confrontare diverse diete bilanciate la giustizia non sta da nessuna parte.

Il vegano non può e non deve farsi re nei confronti di chi ha un’altra morale.

In questo senso, anteporre il rispetto della vita animale al rispetto dell’uomo che gli animali li mangia in giusta misura, può essere controproducente per due motivi: il primo, più evidente, è che si crea una strana gerarchia del rispetto, dove l’animale sta sopra l’uomo senza nessuna chiara motivazione.

Quando però il rispetto per l’altro-uomo viene meno, quel che si perde è l’umanità e quel che si ottiene è l’intolleranza.

Il secondo motivo per cui il vegano può essere controproducente nel promuovere fanaticamente il suo stile di vita, è che, proprio a causa dell’intolleranza manifestata, si allontana chi avrebbe avuto orecchie per sentire. Si è creato, nell’anticamera del movimento vegano, il rigetto a priori dello stesso.

Insomma: la foga con cui i vegani negano la legittimità delle diete altrui ne compromette la diffusione perché gettando fango sull’altro, non fanno altro che turar le orecchie di colui che, altrimenti, magari avrebbe preferito mangiar più sano.

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