La Nuova Zelanda è sicuramente una delle nazioni che vuole investire maggiormente nella green energy, al fine di preservare la salute dell’ambiente e dei suoi cittadini. Tutto ciò lo si deve anche al nuovo primo ministro della Nuova Zelanda la giovanissima Jacinda Ardern. 

Jacinda è una delle leader donne più giovani del mondo, ha soli 37 anni ed è determinata e intenzionata a portare avanti una politica che dia priorità alle questioni climatiche.

Jacinda Ardem è stata la vincitrice inaspettata delle ultime elezioni, e con il suo piano politico la giovane leader è stata in grado di rompere la catena di vittorie del Partito conservazione.

Il Partito conservatore è stato a capo del governo neozelandese per ben tre legislature consecutive, ma è stata sconfitta dal partito laburista grazie alle promesse fatte da Jacinda Arden.

Uno dei temi centrali, durante la sua campagna elettorale è stato proprio in merito all’ambiente. Durante questa campagna, la Aldrin ha promesso che nei prossimi anni la Nuova Zelanda potesse essere finalmente libera da tutte le fonti di energia fossile.

L’obbiettivo messo appunto anche con il sostegno dei Verdi (partito di coalizione insieme al governo laburista e a quello populista di destra), è quello di riuscire a fornire energia elettrica a livello nazionale impiegando esclusivamente fonti rinnovabili.

Secondo una stima, ciò sarà possibile entro il 2035. Inoltre, con l’impegno a lungo termine, secondo il nuovo governo, sarà possibile raggiungere un livello di emissioni zero entro il 2050.

Una sfida per il governo neozelandese

Cercare di rendere la Nuova Zelanda completamente libera dalle emissioni e dall’energia prodotta da fonti fossili non è certo una passeggiata.

La sfida che si sta ponendo il governo è ardua e il risultato non è per nulla scontato. Al momento gli impianti alimentati a carbone e gas, rappresentano il 16% della produzione di elettricità della Nuova Zelanda.

Mentre il 60% della produzione di energia elettrica deriva dagli impianti di energia idroelettrica. Se si somma all’energia idroelettrica anche la quota proveniente da altri fonti di energia green come l’eolico, la geotermica e il fotovoltaico, l’energia elettrica rinnovabile sale sino all’85%. 

La sfida sembrerebbe semplice, dati alla mano, però bisogna considerare che la Nuova Zelanda sta affrontando seri periodi di siccità. Questi problemi influiscono negativamente sulla produzione di energia  idroelettrica che come abbiamo visto è una delle principali fonti di energia elettrica dell’intera nazione.

Per affrontare i problemi dati dal reperimento della green energy in momenti come questi, il governo neozelandese sta prendendo in considerazione la possibilità di sviluppare nuovi piani di sviluppo e un piano di energy storage, per la diffusione omogenea dell’energia elettrica nel paese.

Uno dei primi provvedimenti che verrà preso dal governo del premier Arden, sarà la legge zero carbon, questa prevederà l’instaurazione di una commissione indipendente del clima per il controllo delle emissioni.

Infine, secondo i piani del premier, tra gli obbiettivi della Nuova Zelanda figura anche l’obbiettivo di investire nell’infrastruttura ferroviaria, nella flotta ecologica per i veicoli governativi, e nel trapianto di 100 milioni di alberi nuovi ogni anno, sull’intero territorio.

Accordo sul Cambiamento climatico: la Nuova Zelanda tra le nazioni che investono di più

Nei primi giorni di dicembre a due anni dallo storico Accordo sul Cambiamento Climatico, noto anche come Cop21, si è svolto un nuovo incontro a favore dei cambiamenti energetici a Parigi, sotto il patrocinio della Banca Mondiale, dell’ONU e della Francia e il One Planet Summit.

Durante questo Summit, hanno partecipato circa 50 nazioni di tutto il mondo, e nonostante la defezione di Donald Trump, ci sono state anche molte imprese statunitensi che si sono presentate a questo nuovo incontro.

Tra i vari paesi che si sono distinti per la loro opera nei confronti della green energy e che s’impegna a destinare i propri fondi all’economia verde ci sono il Qatar, il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti e la Nuova Zelanda.

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