L’andamento del petrolio nel lungo periodo è da sempre motivo di dibattito: da una parte i sostenitori dell’utilizzo del cosiddetto “oro nero” e dall’altra le persone che sognano l’impiego di alternative più ecologiche.

È un fatto: i mercati petroliferi globali stanno cambiando radicalmente. L’avvento dei veicoli elettrici, insieme alle crescenti pressioni per una decarbonizzazione del settore dei mezzi di trasporto, hanno messo il greggio, per la prima volta in tutta la sua esistenza millenaria, faccia a faccia con una concorrenza significativa all’interno della sua principale fonte di domanda.

Ciò ha portato a una considerevole attenzione sulle prospettive dell’andamento del petrolio nel lungo periodo e al riconoscimento che le forze combinate del miglioramento dell’efficienza energetica, insieme alla pressione costruttiva per ridurre le emissioni di carbonio e migliorare la qualità dell’aria, probabilmente faranno cessare la domanda dopo oltre 150 anni di crescita ininterrotta.

Il mercato del petrolio: i dati del 2020

Allo stesso tempo, il mercato del greggio sta vivendo una vera e propria rivoluzione. L’avvento del tight oil statunitense ha sostanzialmente modificato il comportamento dei mercati perché ha introdotto una fonte petrolifera più flessibile e competitiva.

L’applicazione delle nuove tecnologie, in particolare la digitalizzazione in tutte le sue varie forme, ha il potenziale per sbloccare nuove riserve di petrolio nei prossimi 20-30 anni.

Le prospettive rosee circa la domanda di olio minerale combinata con un’offerta sempre più abbondante, ha portato molti opinionisti a concludere che i prezzi del greggio potrebbero diminuire indissolubilmente nel tempo.

Dopotutto, se la domanda si sta asciugando, e il mondo è inondato di petrolio, perché i prezzi dovrebbero essere significativamente più alti rispetto al costo di estrazione del barile marginale?

I giorni del razionamento e della scarsità sono davvero dietro l’angolo? Difficile rispondere, ma una cosa è certa: questi sviluppi sono importanti. È probabile che la crescita della domanda di greggio rallenti gradualmente e alla fine tocchi il minimo storico oppure, al contrario, è possibile che le abbondanti scorte modificheranno sostanzialmente il comportamento delle economie produttrici.

Consumo di petrolio: quando toccherà il minimo storico?

Gran parte del dibattito popolare è incentrato sulla seguente domanda: quando il consumo di petrolio toccherà il minimo storico?

Un’industria artigianale, formata da dirigenti ed esperti del settore petrolifero, ha sviluppato un’ipotesi di trading su quando la domanda di greggio calerà a picco: i più ottimisti optano per il 2025, i più realisti per il 2035, mentre i pessimisti (verosimilmente il dato più vicino alla nostra realtà) puntano sul 2040.

Il raggio di incertezza è enorme, perché nessuno sa di preciso quando non sarà più disponibile greggio, né quando le persone smetteranno di usarlo in modo definitivo.

Piccoli cambiamenti nelle ipotesi sui numerosi fattori che determinano la domanda di petrolio, come la crescita del PIL o il tasso del miglioramento dell’efficienza dei veicoli, possono generare percorsi molto diversi.

C’è però anche da dire che, quando la domanda raggiungerà i minimi storici, è probabile che il mondo continuerà a consumare notevoli quantità di greggio ancora per molti anni a venire.

I vantaggi comparativi del petrolio come fonte di energia, in particolare la sua densità energetica quando viene utilizzata nel settore dei trasporti, significa che è altamente improbabile che possa essere spodestato materialmente per molti decenni.

E il naturale declino della produzione esistente di olio minerale significa che, per il prossimo futuro, saranno probabilmente necessari ingenti investimenti nella sua produzione.

Petrolio, confronto ieri vs oggi

La convinzione di una fornitura limitata che, man mano, sarebbe andata a diminuire, ha portato a un innalzamento dei prezzi e altre conseguenze più importanti.

Questa convinzione di base, per esempio, ha avuto un’influenza importante sui mercati petroliferi degli anni Settanta. Molti paesi produttori, in quel periodo, scelsero di razionare le forniture con la consapevolezza di poter rivendere un barile in futuro a un prezzo ancora più elevato.

Il calo della domanda di oggi, segna invece una rottura con un passato dominato dalle preoccupazioni sull’adeguatezza dell’offerta. Si è verificato un vero e proprio cambiamento nel paradigma.

Da un’era di scarsità (o meglio, di scarsità “percepita”) siamo passati ad un’età di abbondanza, con implicazioni profonde per i mercati petroliferi globali. Le economie hanno capito che il futuro sarà sempre più attento a risorse alternative più green e rispettose dell’ambiente circostante.

Uno sguardo al futuro

La storia ha già dimostrato che le riforme e le diversificazioni, economiche possono essere un processo lungo e stimolante.

È possibile quindi che il ritmo e l’estensione di tale riforma dei consumi del petrolio avrà un impatto sulla vendita e sui suoi prezzi, soltanto nei prossimi 20 o 30 anni.

Non è sufficiente considerare soltanto il costo marginale dell’estrazione: anche gli sviluppi dei “costi sociali” della produzione avranno probabilmente un impatto importante sui prezzi del greggio nel prossimo futuro.

Quello che si sa è che le ultime previsioni energetiche indicano che la domanda di petrolio continuerà gradualmente a crescere per un certo periodo guidata dalla crescente prosperità delle economie in fase di sviluppo.

Per contro però è probabile che, dopo qualche decennio, questo ritmo di crescita rallenti e che, alla fine, si verifichi comunque un plateau, ovvero un livello zero, poiché i miglioramenti dell’efficienza energetica e una combinazione di progressi tecnologici, misure politiche e cambiamenti sociali porteranno a una crescente penetrazione di altri carburanti nel settore dei trasporti.

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