Il tema delle energie rinnovabili è sempre attuale in Italia e in Europa.

Poco tempo fa è stato esposta, dal Ministro Calenda, la strategia energetica nazionale per anticipare la chiusura di tutte le centrali a carbone nel nostro paese; questo importantissimo risultato potrà essere ottenuto considerando una spesa ingente da parte dello Stato, ma anche contrapponendo delle strategie adatte, come un diverso utilizzo del sistema incentivi per il solare fotovoltaico, un maggior sostegno per l’efficienza energetica degli edifici, un invito al rinnovamento del parco auto (soprattutto per un passaggio all’ibrido o all’elettrico) e anche un ulteriore sviluppo dell’eolico, semplificando le norme burocratiche per il potenziamento degli impianti già esistenti.

Ma non solo impianti già presenti sul territorio: l’Italia ha ancora tanto potenziale da sviluppare in questa direzione.

L’Associazione Nazionale Energia del Vento (ANEV), ha presentato uno studio intitolato  “Il contributo dell’eolico italiano per il raggiungimento degli obiettivi al 2030” nel quale si sottolineano i risultati che si potrebbero raggiungere nel caso di un maggiore utilizzo dell’energia eolica.

Tra i dati maggiormente importanti ci sono l’obiettivo della potenza prodotta 17.150 MW (950 MW off-shore e la restante prodotta da impianti sulla terraferma) con una produzione elettrica annuale a regime di 36,46 TWh, che rappresenterebbe circa il 10% dei consumi attuali, nonostante gli impianti coprirebbero solamente lo 0,0008% del territorio del nostro stivale. Si può capire la portata di questi obbiettivi se pensiamo che da questo studio, si tratterebbe quasi di un raddoppio della producibilità rispetto alla situazione attuale (9,3 GW e 17,5 TWh).

Vi starete chiedendo: ma come si fa a calcolare con un basso margine d’errore, dei dati così grandi e complicati?

Innanzitutto, gli esperti del settore sono in grado di fare una stima della producibilità di un impianto e non possono indicare con esattezza quanto questo produrrà. In particolare però c’è un accorgimento interessante per misurare l’energia producibile dal vento: si deve infatti tener conto del potenziale anemologico (la branca della scienza che studia il comportamento dei venti, tra cui intensità e direzione) con il rotore delle turbine eoliche posizionato a 70 metri di altezza dal terreno e tenendo in considerazone che solamente una velocità del vento uguale a 5,5 m/s per l’on-shore e a 6,5 m/s per l’off-shore garantiscono una produzione energetica sufficiente a giustificare il lavoro delle turbine.

I vincoli più importanti, che non consentono l’installazione di parchi eolici sul territorio, sono principalmente ambientali, paesaggistici e archeologici ma anche la presenza di aree naturali protette e se sono presenti importanti rotte di navigazioni per quanto riguarda l’off-shore. Proprio per l’off-shore, i limiti per le installazioni sono chiaramente soggetti a ragioni di sicurezza; la distanza delle turbine eoliche dalla costa deve essere almeno di 4 km e i fondali devono essere profondi tra i 10 e i 30 metri; in più deve essere possibile la connessione elettrica alla rete nazionale.

Elencati tutte queste limitazioni, risulta che la maggior parte dei siti che potrebbero accogliere dei cantieri eolici nel prossimo futuro, si trovano lungo le coste tra l’Abruzzo e la Puglia, e potrebbero far sì che la potenza eolica del nostro paese aumenti di 550-650 MW (considerate che una turbina eolica di medie dimensioni e di buona potenza si attesta intorno ai 3 MW). 200 MW ulteriori potrebbero essere ripartiti tra varie zone sulle coste sarde e siciliane, ma solamente se si riducesse il vincolo della vicinanza alle rive, perché sulle nostre due isole i fondali sprofondano oltre i 30 metri già a qualche centinaio di metri dalla costa.

L’installazione di questa potenza eolica avrebbe chiaramente anche una ricaduta occupazionale degna di nota, soprattutto in alcune regioni del meridione, per le quali si assume una quota di occupati superiore ai 10.000 addetti.

Ad esempio nella sola regione Puglia, coloro che svolgeranno un ruolo diretto per l’installazione e il funzionamento delle turbine eoliche sarebbero circa 2500, ma tutti gli altri lavoratori che ne trarranno vantaggio indirettamente saranno più di 9000! Il totale di nuovi occupati in Italia, grazie all’installazione di una potenza eolica del genere, si attesta intorno alle 67.000 unità.

Un altro cavallo di battaglia con il quale le associazioni del settore puntano a convincere gli italiani che le turbine eoliche sono il futuro e sono necessarie per il paese è l’impatto ambientale; se l’obiettivo venisse raggiunto, consentirebbe di diminuire l’importazione e l’utilizzo di petrolio di oltre 50 milioni di barili l’anno e di conseguenza l’emissione in atmosfera di 25 milioni di tonnellate di anidride carbonica.

Chiaramente, l’impatto a livello lavorativo e di riduzione dell’uso di fonti fossili sono collegati e porteranno nello stivale benefici economici stimati oltre i 2 miliardi di euro l’anno per il sistema-Paese.

Un argomento che non bisogna tralasciare riguarda però il rinnovamento degli impianti già datati: con un’ottimizzazione delle efficienze e la sostituzione delle turbine ormai troppo datate, il processo di revamping potrebbe portare ulteriori 7,9 GW di potenza, dei quali 4,5 sarebbero di nuova installazione.

Il traguardo è lontano, ma se lo Stato si renderà conto dell’esigenza, anche sociale oltre che ambientale ed economica, di rinnovamento della produzione di energia, tramite l’utilizzo di incentivi adeguati, siamo portati a pensare che il sistema si autososterrà automaticamente.

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