Che cos’è l’olio di palma?

E’ oramai passato più di un anno dal cosiddetto scandalo dell’olio di palma. E’ quindi doveroso fare un po di chiarezza su uno dei temi che hanno animato le discussioni degli italiani negli ultimi tempi.

Innanzitutto ci pare doveroso spiegare che cos’è l’olio di palma: è un olio vegetale che si ricava da diverse palme da olio, prima di tutte la Elaeis guineensis, pianta autoctona africana, oggi coltivata anche in paesi come la Malesia e l’Indonesia.

Affermatosi come uno dei grassi più utilizzati nell’industria alimentare da ormai 50 anni, l’olio di palma ha sostituito, grazie alle sue caratteristiche (descritte più in basso) e al basso costo, gli altri grassi precedentemente utilizzati (es. burro), soprattutto in Europa e negli Stati Uniti.

Insieme alla farina e agli zuccheri semplici è il costituente fondamentale di molte creme, dolci e prodotti da forno industriali e in primis per le fritture.

Solamente il 5,5 % dei terreni coltivati per la produzione di oli nel Mondo sono occupati dalle palme da olio, che però rappresentano oltre il 32% della produzione mondiale (si stima che se ne consumino ogni anno circa 70 milioni di tonnellate).

Funzionando da addensante, dona quella consistenza e quella cremosità tipica dei prodotti confezionati che così tanto piacciono ai consumatori. Ha delle caratteristiche che fanno inevitabilmente gola ai produttori di prodotti dolciari: non irrancidisce facilmente; resiste bene alle alte temperature e quindi si deteriora meno in fretta degli altri oli commerciali, risultando perfetto per gli alimenti confezionati; raggiunge il punto di fumo lentamente, che lo predispone a cuocere i cibi in maniera corretta; è incolore, inodore, facilmente lavorabile e molto digeribile (presenta anche acidi grassi a media catena che attraversano senza intoppi la parete intestinale).

Ricordiamo sempre che è anche molto economico!

Le criticità dell’olio di palma

Le criticità che si legano a doppio filo con l’utilizzo dell’olio di palma sono principalmente due: i problemi ambientali che porta la crescita delle palme e i problemi per la salute se assunto in dose troppo generose.

Analizzeremo prima quest’ultimo aspetto e poi ci andremo a concentrare sugli aspetti negativi riguardanti l’ambiente.

Problemi per la salute

Essendo prevalentemente costituito da trigliceridi ed avendo alte concentrazioni di acidi grassi saturi (45-50 %), è logico pensare che se consumato in grandi quantità faccia male!

E’ la stessa cosa che pensiamo del burro o della margarina, anche se questi due prodotti hanno addirittura concentrazioni più alte di grassi saturi. Sono tantissimi gli alimenti che se consumati in grande quantità sono dannosi per il nostro benessere fisico, bisogna solo sapere le proporzioni con cui assumere determinati prodotti.

Con questo ragionamento non sto difendendo il consumo dell’olio di palma, anzi; è però doveroso comprendere che in giro c’è sia di meglio che di peggio!

Ecco perché il consiglio nostro, che è soprattutto quelle delle istituzioni, è quello di preferire sempre prodotti contenenti il nostro vecchio e buon olio di oliva, eccellenza nostrana e cardine della dieta mediterranea.

Anche l’olio di semi di girasole, seppure con minori qualità, resta una valida alternativa.

Se per l’olio di oliva ci sono le varietà extravergine e raffinato, per l’olio di palma esistono in pratica 3 tipologie: la varietà vergine è di colore arancio-rosso così come lo sono i frutti, quello raffinato è di colore giallastro e infine ne esiste una terza tipologia che si estrae dai semi della pianta, detta olio di palmisto.

Le differenze tra i 3 prodotti non si sprecano: l’olio di palma grezzo rosso è puro ed ha addirittura delle proprietà benefiche, dato che contiene un’alta concentrazione di carotenoidi, che sono i precursori della vitamina A! In natura ha una consistenza semi-solida simile allo strutto, ma presenta buone concentrazioni di antiossidanti e vitamina E.

Il problema è che l’olio di palma che troviamo nei prodotti pre-confezionati dolci è quello raffinato (tramite un processo di bifrazionamento, che lo rende liquido ma che gli fa perdere tutti gli antiossidanti) che ha circa il 50 % di grassi saturi (sui grassi totali, il resto sono grassi mono-insaturi al 40% e poli-insaturi 10%).

Ancora peggio è l’olio di palmisto, che contiene circa l’85% di grassi saturi, ha un colore biancastro che rappresenta la mancanza di carotenoidi, ed è chiaramente ancor più pericoloso per il nostro sistema circolatorio.

Mentre l’olio di palma grezzo è semplicemente ricavato dalla spremitura della polpa dei frutti maturi, il processo di raffinazione dell’olio di palma è detto idrogenazione.

E’ una lavorazione industriale ad alte temperature che serve a trasformarlo in un elemento solido, anche con l’aggiunta di trigliceridi. Essendo più stabile durante la fase di conservazione, risulta essere vantaggioso in ambito commerciale, ma perde inevitabilmente le qualità nutrizionali più interessanti.

Per chi abbia una curiosità in termini di valori nutrizionali, ecco cosa è presente in 100 grammi di olio di palma raffinato:

  • Calorie 884
  • Indice glicemico 0
  • Acqua 0 g
  • Proteine 0 g
  • Grassi 95,3 g (di cui saturi 49,3 g, polinsaturi 9 g, monoinsaturi 37 g)
  • Carboidrati 0 g (di cui zuccheri 0 g)
  • Vitamina E 15,94 mg
  • Colesterolo 0 g
  • Acido Linoleico 9,2 mg
  • Acido Linolenico 0,2 mg

Per qualsiasi tipo di grasso saturo comunque, professionisti come il dottor Alessandro Targhetta, medico chirurgo, specialista in Geriatria e Gerontologia ed esperto in Omeopatia e Fitoterapia, consigliano di non scavalcare il limite del 10% di assunzione giornaliera (vale quindi anche per burro, strutto e alimenti di origine animale), perché gli stessi grassi saturi devono contribuire per questa quantità alla nostra dieta quotidiana (i grassi in generale dovrebbero coprire il 30%).

Stessa raccomandazione che arriva anche dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che ha redatto un intero dossier sull’olio di palma in cui viene espresso il parere del Ministero della Salute riguardo a questo grasso vegetale. In questo rapporto si descrivono anche i rischi derivanti da un consumo sproporzionato dei grassi saturi.

Le preoccupazioni riguardano più che altro la formazione di placche arteriosclerotiche e dell’iper-produzione di colesterolo. Due indizi non fanno una prova, ma si può tranquillamente dire che, soprattutto nel caso di persone predisposte, l’olio di palma aumenta il rischio di malattie all’apparato cardiovascolare.

Allo stesso tempo, l’olio di palma  è responsabile dell’alterazione dei meccanismi corporali che portano a un senso di sazietà, aumentando in questo modo il rischio obesità nei soggetti più precari.

Uno studio condotto dall’EFSA ( European Food Safety Authority), pubblicato il 3 maggio 2016, ha contributo ad alzare il polverone sull’olio di palma, affermando che la sua raffinazione produce alcune sostanze cancerogene e potenzialmente tossiche per l’organismo.

C’è da sottolineare che i test di laboratorio effettuati mettevano a contatto delle cellule con alte concentrazioni di queste sostanze. L’AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) si è assunta la responsabilità di dire che in una corretta alimentazione, contenente una giusta quantità di grassi saturi, è difficile che si arrivi ad assumere elevate dosi di elementi nocivi che possano aumentare il rischio concreto di sviluppare un tumore.

Il miglior modo per cercare di evitare di assumere una quantità dannosa di olio di palma è chiaramente controllare le etichette dei prodotti che compriamo abitualmente.

Anche se so che è difficile che solitamente la gente abbia il tempo per fare questo genere di controlli, ma sono semplicemente due i rapidi consigli che ci sentiamo di dare: ogni volta che vedete un ingrediente che non vi convince o quando la lista degli ingredienti è troppo lunga, lasciate perdere e ri-appoggiate il prodotto sullo scaffale.

A proposito di questo, è carina la testimonianza che ho trovato in rete di un noto oncologo ed esperto in chirurgia dell’apparato digerente, il professor Franco Berrino, che dice:

Quando andate al supermercato andateci sempre accompagnati (virtualmente) dalla vostra bisnonna  e tutto quello che la vostra bisnonna non riconosce come cibo… non compratelo. Leggendo l’etichetta se ci sono sostanze che lei non capisce… non compratelo. Se ci sono più di 5 ingredienti… non compratelo. Se c’è scritto che fa bene alla salute… non compratelo

In teoria sulle etichette alimentari non dovremmo più trovare la scritta “olio vegetale” ma in realtà non tutti i produttori si sono ancora adeguati alle nuove diciture.

Se trovo questa scritta devo stare sicuramente attento perché il produttore probabilmente ha qualcosa da nascondere. Posso però anche trovare la scritta “grasso di palma” e comunque ci viene il dubbio che si tratti di olio di palmisto, o proprio apertamente olio di palmisto in qual caso il prodotto è da evitare assolutamente”.

La Ferrero, l’azienda di Alba produttrice della Nutella, è rientrata nello scandalo perché anche nel suo prodotto più famoso è presente l’olio di palma. A differenza di altri produttori di alimenti dolciari però, la Ferrero ha deciso di affrontare la grande disinformazione sull’argomento e ha dedicato una sezione apposita sul proprio sito.

Tra le altre cose, spiegano che è “un olio presente nell’alimentazione umana da centinaia di secoli”, che utilizzano “solo olio di palma sostenibile, tracciabile e certificato per la produzione di Nutella”, che controllano sul campo che nelle piantagioni vengano rispettati i criteri sociali ed ambientali della società, anche per combattere la deforestazione progressiva (e Greenpeace gli riconosce tali meriti).

Ci ricolleghiamo a questo per iniziare a trattare l’ultimo argomento ma non per importanza: l’uso indiscriminato delle risorse agricole per la produzione dell’olio di palma.

Problemi per l’ambiente

Soprattutto nel Sud-Est asiatico, in Africa, nell’America centro-meridionale e ai Caraibi, la deforestazione causata dalla coltivazione della palma da olio sta vertiginosamente aumentando.

I rischi collegati a questo evento sono la perdita delle foreste e di alcune specie di uccelli e mammiferi, ma anche un aumento della quantità di gas serra emessi.

La coltivazione di olio di palma si sta espandendo dal Sud-Est asiatico all’Africa, all’America centro-meridionale e ai Caraibi, aumentando il rischio di perdita di foreste e di specie di uccelli e mammiferi vulnerabili in tre continenti, con un aumento globale delle emissioni di gas serra.

La mancanza di politiche idonee alla tutela dei paesaggi naturali, ha certamente facilitato quella che è realmente una catastrofe.

Chiaramente la maggior parte dei terreni che ad oggi sono utilizzati per la produzione dell’olio di palma, sono stati sottratti senza clamore alle foreste e la crescente richiesta di questo addensante rischia di aumentare ancora gli effetti della deforestazione.

In Italia, il clamore mediatico è derivato da un servizio di Report, che nel 2015, in concomitanza dell’EXPO di Milano in cui uno degli argomenti chiave era la sostenibilità degli alimenti, si chiedeva quanto fosse credibile la certificazione di sostenibilità.

Esiste quindi l’olio di palma sostenibile? Se si, sareste più in pace con voi stessi ad acquistare prodotti contenenti questo olio vegetale? L’European Palm Oil Aillance dice di sì: il primo standard di sostenibilità per la certificazione di produzione e utilizzo di olio di palma sostenibile è stato approvato da una tavola rotonda, a cui erano sedute un gruppo di aziende e alcune ONG.

L’associazione che è stata fondata da quel momento è chiamata RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil), è senza fini di lucro e unisce soggetti che fanno parte dei sette settori fondamentali dell’industria dell’olio di palma: produttori, trasformatori (raffinatori) o commercianti di olio di palma, produttori di beni di consumo, rivenditori, banche e investitori, ONG ecologistiche e naturalistiche e ONG attive nel settore sociale e dello sviluppo.

Insomma un insieme di personaggi eterogenei che dovrebbero assicurare la veridicità dell’autenticazione sostenibile in tutto il processo che va dal produttore fino al cliente finale. Resta il fatto che ci sono molte diatribe e perplessità riguardo il funzionamento di quest’organizzazione.

Ora che ne sapete un po di più, non dovete aver paura dell’olio di palma, ma dovrete sicuramente stare attenti a non acquistare troppi prodotti che lo contengono. La soluzione non è boicottare totalmente le aziende produttrici, quanto piuttosto far pressioni su di loro perché la filiera di produzione sia trasparente e nel rispetto dell’ambiente.

Secondo noi, la Ferrero è una buona azienda da cui prendere spunto (e se avete visto su internet un immagine in cui sono presenti, a strati, tutti gli ingredienti contenuti in un barattolo di Nutella, non credeteci perché è una bufala colossale)!

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